La cucina: contesto culturale per giocare a conoscere le diversità
In questi decenni, nell’attività europea e italiana, i processi migratori, che spingono migliaia di individui per lo più da paesi del continente africano, dell’est europeo ed asiatico a varcare i confini e ad approdare in terre molto lontane da quelle d’origine, costretti da bisogni di sopravvivenza, dalla coercizione delle guerre o dal bisogno di aumentare il benessere economico impossibile nella terra madre, impegnano la scuola a ridefinire i suoi compiti e a realizzare strategie ed iniziative in grado di far fronte a queste grandi trasformazioni che distinguono la nostra epoca.
E’ in questo clima di profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche che si trova oggi la scuola, atta ad impegnarsi costantemente, «a rimettersi in gioco», ad aprirsi a quelle che sono le esigenze/emergenze sociali in cui è immersa e di cui deve farsi portavoce.
E’ questa la nostra epoca, quella della «contemporaneità» e del «villaggio globale» che riserva a tutti un destino comune e un unico tetto sotto il quale ripararsi. Come educatori, genitori, cittadini, abbiamo il dovere di fornire alle nuove generazioni diverse chiavi di lettura della società.
La presenza ormai costante di bambini stranieri ed il conseguente inserimento a scuola che, spesso, si verifica anche ad anno scolastico inoltrato, «ha costretto» gli insegnanti ad affrontare il problema dell’immigrazione in generale e quello dell’inserimento/integrazione in particolare, in maniera più «seria» e programmata, cercando di stimolare e sensibilizzare la cultura accogliente verso quella straniera e valorizzando la diversità, intesa come punto di forza e non di debolezza, come arricchimento personale e sociale.
Perché la scuola possa soddisfare la globalità di esigenze vitali, di socializzazione e di apprendimento, sia degli alunni immigrati sia degli alunni autoctoni, è auspicabile una scuola flessibile e modulare negli spazi e nei tempi, che preveda una serie di «luoghi» didattici speciali, accanto alle aule dell’intero gruppo classe, atti a realizzare attività di recupero individualizzato, attraverso laboratori a valenza cognitiva e laboratori a valenza espressiva, necessariamente collegati con i laboratori e le strutture sociali e culturali dell’extrascuola, come centri di educazione permanente.
Nello specifico, in presenza di alunni immigrati e nel rispetto di quelli autoctoni, provenienti, in loco, da un contesto difficile e problematico da non sottovalutare (quartiere Albergheria-Ballarò, in cui è ubicata la nostra scuola) è ipotizzabile (anzi doveroso) pensare ad una scuola «attiva», «critica», fondata sulla ricerca del dialogo, con classi aperte, aule laboratorio funzionanti in orario curriculare ed extracurriculare, attività di recupero e sostegno, che stimoli i bambini al piacere di apprendere, di conoscere e al desiderio di sapere; una scuola, dunque, che insegni loro a non aver paura della complessità, del diverso, del contatto con l’altro. E’ in questo contesto che comincia a prendere forma l’educazione interculturale intesa come:
1. Intervento educativo-didattico rivolto ai bambini (ma utile per sensibilizzare gli adulti), fondamentale per diffondere la cultura dell’accoglienza, della tolleranza e del rispetto delle differenze; 2. Modalità «altra» rispetto a quella tradizionalmente monoculturale ed eurocentrica di proporre, produrre e trasmettere la conoscenza>> (Mezzini-Rossi Gli specchi rubati).
L’interculturalità offre un’occasione in più alla scuola poiché contribuisce all’arricchimento dell’offerta formativa, e costituisce una modalità «altra» per la lotta allo svantaggio e per la <>.
Per affrontare il problema dell’educazione interculturale e garantire un intervento educativo e didattico calibrato alle esigenze di tutti gli allievi, abbiamo ritenuto utile la realizzazione di laboratori di cucina, luoghi in cui si potrà concretizzare l’approccio all’educazione interculturale, contesto in cui si imparerà giocando.
Direzione Didattica Statale «G. Nuccio» (Palermo)